Bee happy. Ovvero come scegliere il miele e conoscere delle api

Miele e propoli sono particolarmente graditi in periodi di influenza, tosse e mal di gola. Ma ogni momento è buono per assaporare il miele ed apprezzarne le qualità nutritive. Si tratta infatti di un vero e proprio alimento, composto all’80% circa da zuccheri (glucosio e fruttosio principalmente), il 17% da acqua e il restante 3% da sali minerali, sostanze azotate, acidi organici e proteine aminoacidi.

Storie di alveari, mieli e apiculture

Conoscere quello che sta dietro alla produzione del miele dà ancora più sapore a questa prelibatezza naturale. Le api, prima di tutto. Una specie non addomesticata né addomesticabile fondamentale per la sopravvivenza nostra e dell’ecosistema, e che continua a meravigliarci per la complessità del linguaggio e per l’efficacia dell’organizzazione sociale.

Dà sapore anche conoscere meglio gli esseri umani che entrano con le api in una sorta di rapporto di cooperazione. Una categoria eterogenea, che include circa 11mila apicoltrici/apicoltori professioniste (ossia chi ha più di 100 alveari) e circa 40mila fra apicoltrici/apicoltori per hobby o autoconsumo. Una categoria negletta, di cui non c’è traccia nel sesto censimento Istat sull’agricoltura italiana.

“Come se l’agricultura non dipendesse dall’apicultura, considerando il ruolo fondamentale delle api come insette impollinatrici della maggior parte delle specie vegetali”, commenta Barbara Bonomi Romagnoli, apicultrice e giornalista, autrice del libro Bee happy. Storie di alveari, mieli e apiculture, ed. DeriveApprodi, 2016.

Un libro tascabile, che alla ricchezza delle fonti interpellate unisce l’entusiasmo di chi sta insieme alle api e ce le racconta con ammirazione e competenza. Un libro che parte dal proprio essere apicultrice in una comunità segnata, come tante, dal privilegio maschile. E che di questa comunità esplora le pratiche, gli orientamenti, le contraddizioni, ma anche la scommessa di una generazione che contamina la tradizione con nuove culture

Abbiamo chiesto a Barbara Bonomi Romagnoli una piccola guida nella scelta del miele.

Etichetta: elementi necessari

Nel caso del miele, ma non solo, sono obbligatorie alcune informazioni come la denominazione dell’alimento, la quantità, il termine minimo di consumazione oltre ai dati sul produttore e nel caso sia uno il produttore e uno il confezionatore, il paese di origine e il lotto di riferimento.

Etichetta: elementi fuorvianti

Possono esserci problemi con la denominazione dell’alimento. Anche per legge, il miele è la sostanza che le api producono dal nettare di piante o dalle secrezioni prodotte da insetti succhiatori che si trovano su parti vive di piante (melata). Le api girano per cercare queste sostanze naturali: bottinano, trasformano, combinandole con sostanze specifiche proprie, depositano, disidratano, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell’alveare.
Detto questo ci sono piante nettarifere e piante che non lo sono: per esempio la canapa non lo è per cui se trovate un etichetta con scritto “miele di canapa” è frode alimentare, perché i fiori di canapa non sono nettariferi. Oppure ‘miele al tartufo”, non esiste! Si dovrebbe scrivere “prodotto alimentare a base di miele aromatizzato al tartufo”.

Etichetta: occhio alla “rispondenza”

Nel caso del miele, che può essere millefiori o uniflorale, la rispondenza indica quelle caratteristiche polliniche e organolettiche che ci permettono di dire che un miele è di un tipo o dell’altro: di cardo o di sulla, di melata d’abete o di carrubo.

In Italia esiste, unico caso al mondo, l’albo delle esperte e esperti di analisi sensoriale dei mieli che sono in grado di riconoscere attraverso un metodo condiviso i diversi mieli e anche eventuali truffe.

Tutto il miele è biologico, ma non tutto è certificato

Il miele di suo è “biologico” se lo intendiamo come alimento prodotto direttamente da essere vivente, perché noi lo raccogliamo ma sono le api a produrlo. Non è un prodotto “trasformato” al pari del formaggio o del vino, motivo per cui si parla di alimento di origine vegetale e animale assieme perché tecnicamente altro non è che il “vomito” dell’insetta che dopo aver mangiato nettare o melata, lo trasforma nel suo organismo e lo rigurgita poi all’esterno.

Poi, sul fronte umano, dire che il miele è certificato biologico significa dire che l’apicoltrice o apicultore non utilizzano ad esempio nei loro terreni dei fertilizzanti e antiparassitari chimici di sintesi né curano le loro api con antibiotici o farmaci chimici (che ritroveremmo nel miele).

Chi controlla la filiera

C’è il controllo che potremmo definire istituzionale degli organismi preposti alla certificazione biologica e che garantiscono la filiera bio secondo certi parametri, ma anche il consumatore può controllare con pochi accorgimenti: dal controllo dell’etichetta alla conoscenza del produttore. Allo stesso tempo va detto che il km zero non necessariamente coincide con il biologico.

Dove comprare il miele

Sapere chi è il produttore/produttrice è certamente importante. Nella grande distribuzione non sempre è facile controllare la filiera, nel caso del mercatino di quartiere ci si può imbattere  nell’ignoranza del produttore che vende un miele come uniflorale quando non lo è (ha un albero di castagno in giardino e pensa che il miele che raccoglie sia automaticamente di castagno) oppure nelle miscele aromatizzate (vedi esempio sopra del miele al tartufo).

Il prezzo giusto

La produzione è variabile a seconda delle stagioni. Esiste come per altri prodotti alimentari la “borsa” del miele che ogni anno indica dei prezzi per le produzioni in base alle quantità/qualità dei mieli.

C’è differenza fra vendita al dettaglio e all’ingrosso. Spesso nei mercatini si trovano prezzi bassi che non tengono conto del lavoro effettivo di chi cura le api oltre al fatto che spesso sono venduti fuori da ogni normativa fiscale. Alcuni mieli sono ‘rari’ o fatti in basse quantità come il corbezzolo e quindi il loro costo aumenta.

Fatte queste premesse, un kg di miele al dettaglio, in generale, non dovrebbe scendere sotto i 10/12 euro al kg.

I colori del miele

Il colore ci può aiutare a riconoscere l’origine botanica, un miele di castagno deve essere scuro, ambrato scuro, con tonalità rossiccio-verdastre mentre un rododendro si presenta allo stato liquido da incolore a giallo paglierino chiaro e da cristallizzato fra bianco e beige chiaro. Se ci vendono un miele di castagno chiaro, molto probabilmente è un millefiori con una punta di castagno. Una mini-guida all’analisi sensoriale del miele la offre il sito Ambasciatori dei mieli. 

Consistenza e qualità del miele

Non esiste un miele più buono, il gusto è soggettivo. Ma sicuramente esistono difetti oggettivi del miele che lo rendono meno buono (dalla fermentazione all’odore di fumo, se c’è stato errore umano nella raccolta).

L’Italia grazie alla sua biodiversità e alla sua ricchezza vegetale produce moltissime qualità di mieli, che sono differenti nel colore – dal trasparente al marrone scuro –, nel gusto, nella consistenza e, in base al rapporto degli zuccheri presenti, possono essere più o meno liquidi o cristallizzati. Il miele cristallizza naturalmente, maggiore la presenza di glucosio e più velocemente cristallizza ma questo non vuol dire che sia un miele cattivo o andato a male.

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