Glifosato: la UE rinvia, l’Italia dice no e parte una nuova ricerca
|Avrebbe dovuto decidere se rinnovare l’autorizzazione all’uso del Glifosato in agricoltura, ma l’Unione Europea ha semplicemente rinviato il voto. Un nulla di fatto, per ora, che rimanda una decisione importante per la salute dei consumatori. Martedì scorso nonostante il parere negativo di Italia, Francia, Svezia, Olanda, la Commissione ha preso tempo per riproporre il voto.
Intanto il Ministro Maurizio Martina (Politiche Agricole) e Beatrice Lorenzin (Salute) hanno annunciato di essere contrari alla riconferma dell’autorizzazione all’uso di questa sostanza (la scadenza in Europa a giugno). La Francia era stata l’unico Paese ad esprimersi contro il rinnovo dell’autorizzazione.
Unica apertura arrivata dalla Commissione Europea, la possibilità di ridurre il periodo di autorizzazione da 15 anni alla metà. Ma il nostro Paese potrebbe andare per la sua strada. Il governo italiano starebbe lavorando a un «Piano nazionale glifosato zero» per arrivare nel 2020 alla sua totale eliminazione dai disciplinari di produzione agricola integrata. Il che tuttavia non equivale a vietarne l’impiego come invece chiedono 32 associazioni ambientaliste che hanno avviato da tempo la campagna #StopGlifosato
L’Italia è uno dei maggiori utilizzatori di Glifosato, un prodotto considerato certamente cancerogeno per gli animali e potenzialmente cancerogeno per l’uomo, classificato in passato come interferente sul sistema endocrino.
Una ricerca per decidere
Ora c’è attesa per il voto, ma intanto il Centro di Ricerca sul Cancro Cesare Maltoni dell’Istituto Ramazzini di Bologna avvierà da maggio una ricerca indipendente:
«Per risolvere i conflitti fra IARC ed EFSA servono i risultati di una ricerca indipendente come quella che ci accingiamo a fare – ha detto la direttrice del Centro, Fiorella Belpoggi -. Intanto, si applichi il principio di precauzione. Al tempo stesso è fondamentale comprendere appieno se esistano davvero effetti cronici di questa sostanza, oltre al cancro. L’incertezza scientifica produce solo confusione, dispendio di energie e di denari e nessun beneficio in termini di salute pubblica. Se una sostanza è cancerogena, solo il bando globale può evitare l’esposizione».
Le maggiori preoccupazioni riguardano i bambini, esposti durante la gestazione attraverso la placenta, alla nascita attraverso il latte materno, e durante la crescita possono poi venire a contatto ogni giorno con cibo, aria e acqua contaminati che alterano il normale sviluppo del sistema endocrino; queste esposizioni precoci possono provocare malattie degenerative di vario tipo (infertilità, diabete, ecc., fino al cancro).
«Questo studio potrà essere avviato grazie all’impegno dei 27.000 soci della Cooperativa sociale Onlus Istituto Ramazzini – dice il presidente del Ramazzini, Simone Gamberini – : si può affermare che la cooperazione italiana in questo caso si prenda in carico la soluzione di un problema globale. Oltre a quelle dell’Istituto Ramazzini, altre forze dovranno scendere in campo. Il richiamo alla raccolta di fondi per concludere questa ricerca è rivolto a tutti: istituzioni pubbliche, imprese, associazioni e singoli cittadini».