La ministra Lorenzin e la prestidigitazione dei dati sull’obiezione di coscienza

In Italia manca un sistema di controllo dell’obiezione di coscienza del personale medico e infermieristico sulle interruzioni volontarie di gravidanza. Non esistono registri regionali degli obiettori né procedure codificate in cui la decisione da parte di un operatore di presentare obiezione sia accolta o respinta in rapporto alla esigenza dell’ospedale o del consultorio di garantire il servizio, garanzia prevista dalla legge stessa 194/78. Non uno straccio di burocrazia per gli obiettori e le obiettrici di coscienza. Un medico che decide di non fare più (o non fare mai) quel tipo di operazione non ha che da consegnare un manoscritto alla direzione sanitaria. E non sono previste compensazioni per chi decide di sobbarcarsi il lavoro che altri non fanno. L’applicazione della legge 194 dipende dal buon cuore del singolo, dalla sensibilità del primario, dalla tradizione di questa o quella struttura ospedaliera, dalla disponibilità temporanea di “gettonisti”, cioè quei medici ingaggiati appositamente – a nostre spese – con l’unico scopo di assistere le interruzioni di gravidanza negli ospedali dove il 100% di quelli assunti esercita il “rifiuto di curare per motivi di coscienza” (come da definizione internazionale).

Per questi motivi non si conosce precisamente non solo quanti siano gli obiettori di coscienza, ma neanche qual è l’impatto vero dell’obiezione sul singolo distretto ospedaliero e sulle sue utenti. La legge garantirebbe sia il diritto delle donne di abortire sia quello del medico di rifiutarsi di assisterle. Il compito di verificare che entrambe le esigenze siano soddisfatte spetta alle Regioni. Solo che nessuno lo fa. Avrebbe dovuto farlo il tavolo tecnico di monitoraggio istituito nel 2013 presso il Ministero della salute, dopo che una serie di mozioni discusse in Camera dei deputati aveva denunciato i danni provocati da un eccesso di obiettori di coscienza. Risultato? I tecnici hanno quantificato il personale, le ore di lavoro, le strutture, poi hanno diviso il tutto per numero di interventi fatti. Fatta una media del numero di interventi per singolo operatore, il Ministero afferma che le risorse sono sufficienti, in spregio dell’indicazione epidemiologica secondo cui la congruità tra risorsa disponibile e risorsa necessaria deve essere valutata a livello locale.

Adesso la violazione del diritto delle donne di interrompere una gravidanza e quello dei medici non obiettori di non essere discriminati è stata sancita dal Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa. È la seconda volta, la prima è stata nel 2014.

Beatrice Lorenzin prende tempo, dice che i dati su cui si è basato il giudizio del Consiglio d’Europa sono vecchi e che oggi la situazione è diversa. Eppure, quelli portati dalla Cgil al giudizio Comitato europeo sono gli stessi dati presentati nell’ultima Relazione annuale sulla applicazione della legge 194/78, sottoscritta dalla ministra in ottobre 2015. Dati definitivi del 2013 e preliminari 2014, dove vediamo, pure con le cautele segnalate all’inizio, che l’obiezione è passata dal 58.7% del 2005 al 70.0% nel 2013.

Beatrice Lorenzin, ministra della Salute sotto il governo Renzi, ce la ricorderemo come quella che sul tema dell’aborto e dell’obiezione di coscienza ha fatto il gioco delle tre carte. Abbiamo visto con i nostri occhi donne in fila in un corridoio d’ospedale alle sei del mattino per accaparrarsi un posto prima che fosse troppo tardi per abortire. Abbiamo ascoltato con le nostre orecchie certe amare testimonianze di ginecologi e ginecologhe messi all’angolo per avere scelto di curare. Abbiamo trascritto i racconti di medici che hanno curato donne arrivate in ospedale con l’emorraggia per un aborto fatto in casa con farmaci acquistati illegalmente in internet. Abbiamo registrato la voce di quelle che sono state maltrattate e violate nella propria dignità per avere chiesto di interrompere la gravidanza dopo i 90 giorni.

E la ministra pretende di fare scomparire tutto questo con due o tre rapide mosse di prestidigitazione. Fino a quando, e negli interessi di chi?

E. C.

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