Lasciare il Web agli eredi
|Alzi la mano chi non ha mai pensato, neanche una volta, a chi lasciare la propria collezione di libri, Cd o altri oggetti nell’eventualità di passare a miglior vita. Alzi la mano chi ha pensato, almeno una volta, a chi lasciare la propria collezione di file. Se il primo caso è comune, il secondo è raro. Perché la realtà digitale ci ha travolto, cambiando in pochi anni i connotati di beni e servizi, mentre il diritto arranca e il nostro modo di pensare è tenacemente legato alla “proprietà” di qualcosa di fisico. Una modalità poco funzionale quando i beni e i servizi sono dati, magari stoccati su server (computer) collocati fisicamente in altri Stati, ognuno con una propria legislazione. Morire, invece, è una legge universale. Meglio premunirsi in tempo.
Abbiamo chiesto qualche consiglio a Sabrina Chibbaro, componente della Commissione Informatica del Consiglio Nazionale del Notariato. L’ente ha affrontato il problema fin dal 2007, con un vademecum in dieci punti che vi consigliamo di leggere.
PRIMO: FARE TESTAMENTO
Gli italiani e le italiane lo evitano. C’è in gioco la superstizione. Si pensa che scrivere il proprio testamento porti sfortuna, che chiami la morte.
In realtà è sbagliato, chi fa testamento è perché ha qualcosa da lasciare sistemato, non necessariamente perché deve morire. I testamenti migliori sono quelli redatti in epoca non sospetta, cioè quando il pensiero della morte è lontano, come pura eventualità. Lo si fa con maggiore lucidità. Se invece arriviamo in una fase in cui la possibilità è attuale, come per una grave malattia, allora scatta una sorta di rifiuto. In questi casi le persone non lo fanno perché rifiutano l’idea.
Il testamento olografo, cioè quello scritto e firmato in carta semplice che può essere conservato in casa propria o altrui, ha lo stesso valore del testamento pubblico, vale a dire quello redatto dal notaio. “A fare la differenza è la consulenza, cioè l’aiuto nello strutturare il contenuto”, spiega Sabrina Chibbaro. In particolare da quando alle tradizionali problematiche si sono aggiunte quelle relative ai cosiddetti asset digitali, cioè ai beni o risorse esistenti in formato binario e forniti con il diritto di utilizzo.
SECONDO: OCCHIO AI DIRITTI DI UTILIZZO
Pensando all’eredità ragioniamo in termini di proprietà, in realtà sul web non sempre è così. Quando compriamo libri e musica su una piattaforme digitali, dobbiamo sapere che le condizioni di utilizzo e cessione sono molto eterogenee. In sostanza, un asset digitale non costituisce di per sé una proprietà, ma spesso è legato a diritti di utilizzo che non sono trasmissibili a persone diverse dal titolare.
Le condizioni d’uso variano a seconda delle piattaforme – spiega Chibbaro. Mentre alcuni servizi, come Apple, si riferiscono ai file in termini di proprietà, altri, come Amazon, ne parlano in termini di diritti contrattuali. In questo secondo caso non si applicano le norme relative alle successioni, che invece agiscono dove c’è proprietà. Abbiamo citato solo due nomi noti come esempio, ma la casistica è ampia.
Bisogna, dunque, saper leggere i contratti che sottoscriviamo quando apriamo un account. Lo facciamo in genere molto distrattamente, preoccupati di arrivare il prima possibile in fondo alla procedura di registrazione.
Non sempre i diritti che discendono dai contratti si trasmettono agli eredi. Un caso tipico è quello di molti servizi che offrono account di posta. Molti prevedono che con la morte del titolare l’account venga cancellato, con tutte le mail che ci sono dentro.
E un provider di posta come fa ad accorgersi che il titolare è deceduto? Avviene di solito quando gli eredi si fanno avanti per ottenere quello che pensano sia dovuto. Anche se chi è morto ha fatto testamento, se il contratto non lo prevede gli eredi non possono accampare alcun diritto di successione.
Tutta la giurisprudenza che abbiamo in questo senso, in gran parte americana, è nata da casi di questo genere. Cioè morti improvvise in cui gli eredi dicono “quello è un mio asset, ho diritto ad avere ciò che mio figlio aveva sul web”. Accade soprattutto quando la persona deceduta è giovane. Non sempre la risposta è quella che ci si attende – avverte Chibbaro. Spesso la risposta è: “no, questi diritti non sono trasmissibili”, anche se chi è morto ha fatto testamento”.
TERZO: LASCIARE O CONSERVARE LA PASSWORD
“Il problema – spiega Chibbaro, “è la sovrapposizione tra la normativa sulla privacy e quella sulla successione. Per alcuni fornitori prevale la prima”. Potrebbe trattarsi di libri o musica, ma anche di soldi.
Questo accade anche con gli anziani. Spesso si scopre che ci sono dei conti correnti perché si trovano per casa gli estratti conto. Ma con i conti correnti online, gli estratti conto cartacei non arrivano più, se non si lascia traccia non si trovano più i patrimoni.
Se vogliamo che i nostri beni digitali siano trasmessi, la soluzione più semplice è affidare le credenziali di accesso a qualcuno di fiducia, con istruzioni chiare su cosa fare in caso di decesso. Come leggiamo nel vademecum del Consiglio Nazionale del Notariato, “Si chiama mandato post mortem ed è ammesso dal nostro diritto. Se cambiate le password, come è buona regola di sicurezza, ricordate di aggiornare le istruzioni.” Lo stesso vademecum sottolinea che “condividere la password con il proprio partner non sembra essere una buona idea, in genere”. Esistono anche servizi online adatti allo scopo.
QUARTO: FARE TESTAMENTO SULLE PIATTAFORME
Le maggiori piattaforme per la conservazione e condivisione di contenuti digitali si stanno comunque attrezzando per dare agli utenti la possibilità di decidere la destinazione dei propri dati in caso di morte. Ne vediamo alcune tra le più utilizzate. Come regola generale, le credenziali di accesso non sono cedute a nessuno e in alcun caso.
- Facebook dà la possibilità di nominare un account erede Le istruzioni sono qui. L’account erede avrà accesso al nostro account una volta che esso diventerà “commemorativo”, cioè quando a Facebook verrà comunicato il decesso. Con la stessa procedura possiamo indicare a Facebook di eliminare il nostro account dopo il decesso (l’opzione è attiva insieme alla precedente). I parenti stretti verificati possono chiedere la rimozione dell’account.
- Google (e applicazioni associate, es. Gmail, YouTube, etc.) permette di impostare il proprio account quando diventa inattivo. Qui le istruzioni per impostare un periodo di inattività dopo il quale scattano le procedure di avviso di inattività ai contatti di fiducia, se impostati, o di eliminazione dell’account e di tutti i contenuti associati.
- Twitter non consente di lasciare scritto che cosa vogliamo fare del nostro account. Si può richiedere la disattivazione dell’account della persona deceduta compilando un modulo al quale segue una procedura di invio di ulteriori dettagli, tra cui le informazioni sul defunto (inclusa una copia del certificato di morte) e una copia del documento d’identità della persona richiedente.
Attraverso il sito www.perpetu.co possiamo definire le impostazioni per le piattaforme più importanti. Anche in questo caso, però, dobbiamo premunirci di affidare la chiave di accesso al sito a qualcuno di fiducia.